La “cassa peota” è una istituzione veneta che ha origini molto antiche.
Il suo scopo è quello di raccogliere delle piccole quote di risparmio settimanale fra i soci (generalmente parrocchiani o amici fidati) e concedere dei piccoli prestiti alla parrocchia o ai soci che si impegnano a restituire la somma prestata entro la chiusura dell’anno con interessi molto bassi (di norma inferiori ai tassi bancari). Alla fine dell’anno gli utili della gestione vengono spesi in beneficenza o nella cena conviviale di fine anno.
L’origine del termine è incerta.
“Peota” potrebbe derivare da “pilota” o capitano della nave a cui i marinai (a cui era consentito di fare piccoli commerci in proprio) affidavano il loro capitale.
Il capitano o pilota della nave a richiesta restituiva quanto affidatogli o poteva fare dei prestiti ad altri membri dell’equipaggio. Alla fine del viaggio venivano spartiti gli eventuali interessi raccolti. Da qui “cassa pelota” o “cassa del pilota”.
Ma la tesi più accreditata per l’origine del termine è un’altra, legata ad una imbarcazione chiamata proprio “peota”.
I “garanghelli” erano delle gite in barca fatte risalendo i fiumi sulle “peote”, imbarcazioni ben agghindiate e spesso destinate ai nobili ma specialmente alle nobili veneziane.
Le popolane potevano al massimo fare questa gita una volta all’anno, e per finanziare il costo della barca si rivolgevano appunto ad una “cassa peota” che funzionava in questo modo: durante l’anno, talora di nascosto, le donne facevano piccoli versamenti ma poi, in caso di bisogno (malattie improvvise, figlie incinte, piccoli capricci) chiedevano piccoli prestiti che poi restituivano a rate con piccoli interessi. A fine anno, con questi interessi, si potevano finanziare i “garanghelli”. Il tutto quasi sempre all’insaputa del marito.
Certo è che questa specie di “banca dei poveri” col tempo fu spesso usata con altri scopi, divenendo talvolta quasi una vera e propria banca non autorizzata e non “vigilata”.
Molti, nel tempo, sono stati i cassieri che hanno tradito la fiducia dei soci risparmiatori scappando con l’intera cassa, spesso molto ricca data la partecipazione di centinaia di finanziatori con versamenti settimanali.
Proprio per questo motivo, la “casse peote” oggi devono sottostare a precise regolamentazioni e rispettare direttive di natura europea e nazionale.
Ricordo quando studiai storia economica che appunto le casse di risparmio iniziarono negli ambienti religiosi.
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Haha, furbi ‘sti religiosi.
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Sempre
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ma che interesssante, non sapevo proprio di questa cosa! grazie
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Pillole di lingua veneta
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😀😀👍
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Non lo sapevo
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Ma infatti, tu non sei veneta.
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Interessante e ingegnoso questo metodo per aiutare le persone in difficoltà.
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Davvero.
Ognuno mette una piccola somma, ed insieme si ha una grande somma.
Si possono dunque fare prestiti a bassi interessi, e tutti ne hanno una utilità.
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Passare da te c’è sempre qualcosa da scoprire….ciao Andrea, buona serata
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Grazie, Mi
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alla cassa “beota” è meglio non affidare i propri risparmi
colgo l’occasione per avvertirti che ti ho inviato una mail
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🙂
Grazie Vittorio, oggi guardo.
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Un bel modo per essere aiuto, comunità… grazie
ben ritrovato 🙂
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Bentornata, Marta.
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Il sistema era diffuso, ma bello leggere i dettagli locali
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Ed anche l’etimo della parola
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