Mi iscrissi a Scienze Statistiche forte della mia passione per i numeri e per le formule matematiche in generale.
Non era una facoltà che andava per la maggiore, mediamente gli iscritti erano circa 250 all’anno, e la scrematura era tale che al secondo anno ci arrivavano solo la metà degli iscritti o anche meno.
Era una facoltà difficile.
Non conoscevo nessuno, il primo giorno noi matricole affollammo l’aula per seguire la lezione di “Analisi 1”, e la trepidazione era ai massimi livelli da parte di tutti.
C’erano ragazze e ragazzi da tutta Italia ed anche alcuni stranieri: mi sentivo quasi in colpa io, padovano, a dover solo prendere un autobus o la bicicletta per arrivare in Ateneo.
Poi arrivò lui, il prof, tale Antonio Capelo. Portoghese.
Non fece nessuna premessa.
1) Si presentò. Parlava un italiano stentato.
2) Elencò i 2 libri di testo: 1 scritto in italiano, 1 scritto in inglese. Era il 1989: no internet, no web. Solo libri, appunti e tanta carta.
3) Dopo 3 minuti stava già spiegando.
Uscimmo frastornati senza aver capito una beata fava.
Capii che non sarebbe stata una passeggiata.
“nojos volevam savoir…”
un bell’inizio senza dubbio
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Terribile.
Capii in 3 minuti che dai prof universitari avrei avuto solo professionalità e poca empatia.
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Quindi la voce che davi i numeri già da giovane non era una leggenda metropolitana.
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No.
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Io a Lingue ero più a mio agio. Ho bei ricordi.
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Non vorrei essere frainteso. Anch’io poi mi trovai a mio agio, ma fu un inizio pesante che mi fece capire come i prof fossero molto diversi rispetto al liceo, persone molto professionali, ma fredde e distanti.
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Da noi invece i “lettori” cioe’ i giovani prof madrelingua erano molto piu’ affettuosi… 😉
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I trovai “affettuoso” solo il lettore di inglese (esame che diedi a Lingue, e non Statistica, dunque). Omosessuale dichiarato, verso noi maschietti era sempre molto gentile. Pure troppo.
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🙂 🙂 …come lo erano verso noi studentesse.
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🤣🤣🤣 Io feci l’errore di non frequentare le lezioni di statistica e mi avvalsi dei libri di testo che era una dispensina fatta in casa poco comprensibile. Ci provai e andò male. Mio marito che era lì mi disse che i ragazzi avevano un altro libro perché il prof era cambiato. Lo comprai e non finirò di ringraziare chi ha scritto quel libro perché era comprensibilissimo. Mi presentai alla sessione successiva e presi 27, dopo un’ora d’esame, con i complimenti del prof che era un vero cagnaccio.
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Beh, direi brava.
Io “Statistica 2” (fondamentale di difficoltà titanica del 2° anno) lo rifeci 5 volte. Unico esame che non riuscivo a passare, e poi presi 23 o 24, non ricordo perfettamente.
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Ci sono esami che diventano incubi.
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Nella mia classe universitaria il numero di partenza era di gran lunga inferiore: eravamo 40 precisi (5 ragazzi e 35 ragazze). Il numero era così basso in parte perché Lettere dà pochi sbocchi lavorativi e quindi è considerata poco appetibile, in parte perché il mio corso di laurea (Lettere antiche) era il più difficile di tutta la facoltà, e quindi pochissimi studenti si sentivano all’altezza di frequentarlo.
Partimmo in 40 precisi e finimmo in 20 precisi: gli altri 20 non riuscirono a laurearsi in tempo alla triennale, e quindi finirono nel limbo degli studenti fuoricorso o ritirati. Ah, questa è una particolarità della facoltà di Lettere che forse non sai: il fatto di finire fuoricorso, che in altre facoltà è considerato assolutamente normale, da noi è un peccato mortale. Questo perché Lettere è una facoltà tutto sommato facile (anche a Lettere antiche non finisci mai a fare cose impossibili), e quindi se non riesci a stare al passo con gli esami neanche in una facoltà così facile allora sei considerato una nullità, un incapace la cui laurea ottenuta in ritardo non vale un fico secco. Io rischiai ben 2 volte di finire fuoricorso, entrambe nel mio primo anno universitario; poi dal secondo anno mi abituai allo studio costante e intensivo che è richiesto all’università, e quindi non rischiai più di non dare tutti gli esami in tempo.
Di quei 20 studenti arrivati in fondo, ben 9 hanno vinto un concorso docenti. Il bello è che all’università solo 3 di questi 9 erano considerati dei fenomeni già all’università: le altre 6 (tutte ragazze) all’università erano considerate delle studentesse assolutamente ordinarie, quando non addirittura delle schiappe. Evidentemente con gli anni hanno acquisito una preparazione sempre maggiore, e quindi sono riuscite a superare un concorso anche senza essere dei geni (perché in fondo i concorsi docenti sono molto nozionistici, e quindi la preparazione conta molto più dell’intelligenza).
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Da noi a Statistica, degli amici/colleghi conosciuti il primo anno, credo nessuno si sia laureato/a senza uscire fuori corso di almeno una sessione. Io che ero tra i migliori sforai di un semestre.
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Come ti dicevo prima, dipende tutto dal livello di difficoltà della facoltà che frequenti: a Lettere devi essere proprio scarso per non dare tutti gli esami in tempo, invece in quasi tutte le altre facoltà laurearsi senza mai andare fuoricorso è un’utopia anche se hai un cervello di prim’ordine. Grazie per la risposta! 🙂
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Io non ci sono arrivata all’università, non ho nemmeno finito le superiori: l’unico mio rimpianto.
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Non sei né migliore né peggiore. Questo deve essere chiaro.
Io ho scelto statistica perché ADORAVO la statistica, ce l’avevo nel sangue. Era una passione, come molti ce la possano avere per la musica, o la scrittura, o altro.
Lo studio fine a se stesso serve a poco, ma se serve per ampliare la cultura, e gli interessi, assume un altro aspetto.
Usi la parola “rimpianto”. Probabilmente ti sarebbe piaciuto approfondire qualche argomento. Cosa avresti scelto?
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Senza dubbio sociologia.
Rimpianto per ciò che rappresenta l’università, non per cosa insegna. Finire le superiori e fare un balzo in avanti anche solo per la gestione delle lezioni, degli esami. Ho scelto un’altra strada e lavorando a 19 anni sono andata a vivere da sola: ho compensato così, lo scatto di crescita che può dare frequentare l’università. La cultura non è proporzionata agli studi, se la approfondisci per conto tuo.
Ammiro e stimo tutte le persone che hanno studiato con tenacia e magari lavorando per pagarsi gli studi.🎩
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Mio figlio, oggi 20enne, nonostante un ottimo rendimento scolastico (diploma: 97) non ha voluto andare all’università. Scelta che non ho ostacolato.
Ma ti/gli assicuro che, oltre le materie, è l’ambiente che ti conquista, con giovani che arrivano da ogni dove, che studiano qualsiasi cosa, e con i quali condividi un percorso difficile ma unico.
Quindi sì, l’ambiente è davvero ciò che a me manca maggiormente.
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Immagino. Lo puoi provare una volta e basta. Lì si apre la visione del mondo.
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Non ti devi preoccupare. Io avevo anche una tipografia e mi sono stampato diplomi e lauree a go-go. Dimmi quale ti serve e te la mando.
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Posso avere una laurea in “fancazzaggine” per il mio collega Bru?
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😀
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Tu non ci crederai cosa mi hanno chiesto in tanti anni…di tutto ma proprio di tutto…
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Grazie! Ci penserò!😅
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Guarda dovrebbero darti una medaglia 🏅 al valore per essere riuscito a conseguire una Laurea 🎓 così difficile. Mio padre avrebbe tanto voluto che io mi laureassi in Statistica, andai anche a seguire una lezione e non capii nulla, ma a me non piaceva. Non era nelle mie corde. Mio fratello si batté molto per me.
Davvero hai tutta la mia ammirazione Andrea!
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Beh, se non ti piaceva, non c’era motivo che tu la frequentassi.
Io, viceversa, sono nato per i numeri, adoro la matematica a 360°, Statistica era la facoltà giusta per me.
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No, io ho frequentato solo una lezione, sapevo che non facesse per me, da quello che dici invece, è stata una facoltà su misura per te. Mio padre non mi ha imposto nulla. Avrebbe voluto che facessi Ragioneria con indirizzo Informatico e ho scelto il Liceo Classico e lo rifarei per tutta la vita. Avrei potuto laurearmi in Lettere, poi scelsi Giurisprudenza e comunque devo dire che mi è piaciuta, anche se tornando indietro, forse e, sottolineo forse, cambierei facoltà.
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Il Liceo Classico è stupendo per capire moltissime cose. Giurisprudenza qui a Padova è forse la facoltà più celebrata, mio nipote si è laureato qui a pieni voti ed ora fa l’Avvocato. Anche la mia ex faceva Giurisprudenza,
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Il Liceo Classico è davvero stupendo ed anche Giurisprudenza non è affatto male come facoltà umanistica.
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La tua è di sicuro una facoltà molto impegnativa, ma l’impatto con l’università è duro per tutti. E’ proprio il sistema che è completamente diverso: si passa dal liceo, in cui ci si lanciano gli aeroplanini, a dover organizzarsi da soli un piano di studi, con insegnanti che neanche ti guardano in faccia. A molti manca la maturità per riuscire ad autogestirsi.
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Io ero fortunato ad avere la passione per l’argomento.
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Anche la testa avrai avuto, non essere modesto…
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Mah, ti dirò. Non credo di essere diverso da nessuno.
Se uno ama la pittura, probabilmente sa dipingere.
Io ho sempre capito la matematica.
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In effetti, se non sei più che motivato, è decisamente dura districarsi! Credo valga per ogni facoltà. Poi ce ne sono alcune davvero toste!
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Avevo dei compagni di liceo bravissimi, che all’università si sono arenati proprio perché non sapevano organizzarsi lo studio. E alla fine hanno mollato.
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Io ero organizzatissimo. E sempre molto determinato.
Ho moltissime altre pecche, ma non queste.
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Anche io, per fortuna. Ma credo che tanti ragazzi si perdano per incapacità pratiche, quando invece avrebbero la testa e la voglia. E’ un peccato.
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Ti vedo superorganizzato nelle questioni pratiche!
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Mi riferivo ad Andrea, comunque sì, il Prof. non viene a cercarti per farti sostenere l’esame. Il guaio è che ti fanno perdere un sacco di tempo con questioni burocratiche, quando vorresti studiare e basta e non ti preparano al mondo del lavoro in maniera adeguata, almeno per certo tipo di facoltà. La mia poi era una vera giungla, in tutti i sensi.
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Devo esserlo, perché sono insicuro e solo con il “metodo” riesco a venirne fuori.
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Eppure ti garantisco che non sembri affatto insicuro, anzi!
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E’ il mio maggiore problema caratteriale.
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Credo che siamo tutti insicuri, forse è peggio non aver alcun dubbio o esitazione. Siamo umani in fondo, è normale avere dei limiti!
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Ne ho parecchi.
😀
Hahaha!
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Non sei l’unico, sai? 😀😀😀
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Ci credo, ha mollato pure quell’imbecille di mio fratello, a quattro esami dalla Laurea, due glieli feci fare, lo avrei aiutato io, purtroppo non mi ha dato retta, non perché non sapesse organizzarsi. Comunque fu un vero peccato.
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Io ho un’amica che ha fatto tutti gli esami e poi non ha mai dato la tesi.
Inconcepibile.
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Ah sì, questo è davvero inconcepibile!
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Ormai son passati 20 anni, la vedo spesso, ma non ritorno più sull’argomento. Fece enorme fatica a dare tutti gli esami, e poi si ritrovò svuotata di motivazioni. Iniziò a lavorare dicendo “prima o poi”, ma poi… non fece nulla, ed ormai è troppo tardi.
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Ma sì, figurati, non avrebbe nemmeno senso parlarne, però arrendersi quando ti manca solo la tesi è davvero un peccato. Almeno la soddisfazione di arrivare alla fine di un percorso! Che possa esserci arrivata stremata è normale. Avrà avuto le sue ragioni!
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Il mio primo giorno all’università! Sai che ne ho avuti due? Da matematica ho fatto un balzo a lingue, e sono sempre stata felice di quella decisione
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Cavolo, che cambiamento!
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E’ stato un atto di coraggio!!!
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Hai seguito le tue predisposizioni.
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👍❣️
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È sempre la strada migliore!
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Grande Luisa!
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🙏🥰🙏
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Sempre bei ricordi 🙂
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però ce l’hai fatta 🙂
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Ero portato per i numeri.
Non dico fortuna, certamente studio e determinazione, ma anche attitudine.
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Ho due figli, uno ha scelto una laurea umanistica, uno tecnica, sono arrivati alla laurea senza problemi, se si fossero scambiati la scelta si sarebbero stufati subito
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Primo giorno di università: stesso corso, come nel tuo caso, Analisi I. Era il 1996. Internet c’era ma non era così invasivo come oggi. Per cui a lezione bisognava andarci (e credo che bisogna continuare ad andarci.. sono rimasto come ricercatore nell’università fino al 2012, e di studenti che fanno per proprio conto, 2 volte su 3 venivano regolarmente bocciati al primo colpo). La mia prof di Analisi I era molto brava. L’aula conteneva 160-180 studenti, ma nonostante la logistica non fosse a suo vantaggio sapeva tenere alta l’attenzione ed era molto chiara, sin dalla sua prima lezione. Io ebbi l’impressione che la vita fosse effettivamente cambiata ed in meglio. In compenso l’anno successivo, la docente di Analisi II era una incapace (nei 5 anni di laurea VO ne ho incontrati non pochi.. anzi direi quasi la meta’) e mi stupivo ogni volta come potesse essere un insegnante universitario. Ciò nonostante, anche per Analisi II, seguire le lezioni serviva per confrontarmi con gli altri compagni, organizzarmi la parte teorica e quella pratica. Internet non era così presente, però gli esseri umani esistevano pur sempre e dato che gli smartphone non c’erano, interagire senza aspettare che qualcuno o qualcuna mollasse la visione di un qualche schermo, era alquanto semplice. Buona domenica. Fritz.
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Ciao Fritz.
Nel mio caso Analisi II fu davvero lo scoglio maggiore mai incontrato nei miei anni universitari. Incredibile come riuscissero sempre a mettermi in difficoltà in sede d’esame, dove venni bocciato per ben 4 volte. Passai al 5° tentativo, che tra l’altro era l’ultima session prima di incontrare quelli dell’anno successivo. Ma, a parte questo, all’Università di prof incapaci non credo di averne incontrati. Li avevo tuttavia conosciuti al Liceo.
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Si, di prof incapaci ne trovi prima o poi sul cammino. Io ho avuto ottimi prof alle superiori (tranne isolati casi). All’università è andata così così. Come compagni, cento volte meglio l’università. Le superiori e le medie fpsse stato per me le avrei accorciate da 8 a 4 anni. Ognuno comunque fa storia a se’. Un caro saluto.
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