L’arte di rieducare

Non sono mai entrato nel carcere di Padova, nonostante una ventina di anni fa vi si trovasse detenuto un mio conoscente e mi fosse balenata l’idea di andarlo a trovare. Poi cambiai idea, perché dopo aver telefonato alla casa circondariale mi venne prospettato un iter burocratico (schedatura, impronte digitali, etc..) che non ebbi voglia e coraggio di affrontare.

Il carcere della mia città, benché lontano dall’essere un luogo di villeggiatura, è tuttavia un vero luogo di rieducazione.
Dal 1991, infatti, è iniziato un percorso professionale che possa aiutare i detenuti al reinserimento nel mondo del lavoro alla fine del periodo di detenzione.
Oggigiorno, nel carcere di Padova, oltre 140 detenuti si prestano ad attività lavorative di alta professionalità, tra le quali:
– gestione di call center
– digitalizzazione di documenti cartacei per banche ed assicurazioni
– produzione ed assemblaggio di “business key” per la firma digitale
– assemblaggio di biciclette (tra le quali le Bottecchia) e di valigie (tra le quali le Roncato)
– giardinaggio e igiene ambientale
– ristorazione e pasticceria di alta qualità

Proprio quest’ultima attività è il vero fiore all’occhiello del carcere, dato che i dolci prodotti sotto il marchio “Pasticceria Giotto” sono ottimi, e distribuiti in tutta la zona della provincia. Sono inoltre presenti in molti dei maggiori ristoranti e pizzerie di Padova, oltre che in mense e bar.
Credetemi: sono di una bontà assoluta.
Insegnare un mestiere ad un detenuto, ed invogliarlo ad esercitarlo una volta libero (aiutandolo anche nel graduale reinserimento nella società) è il vero obiettivo del carcere, con tassi di recidività (il tornare a delinquere) al massimo del 2%, contro il 70% per coloro che in carcere non lavorano.
Un carcere a misura d’uomo.

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34 risposte a L’arte di rieducare

  1. bukurie ha detto:

    Buongiorno Andrea ,forse con le nuove riforme che ci sono in ballo , le carceri verrano privatizzate e gestite dalle cooperative , e come succede di solito in Italia sarà un vero business come lo é in America . Per lo stato e noi contribuenti ha un costo il mantenimento dei detenuti in carcere . Penso che per le pene più lunghe , bisognerebbe dare la possibilità a imparare un mestiere o fare lavori che hanno fatto prima della detenzione sia una buona cosa , almeno così potrebbero pagare le spese che hanno le strutture carcerarie per il personale e la manutenzione . Dovrebbero rinnovare le strutture attuali perché nella maggior parte dei casi sono fatiscenti , e non va bene nemmeno per il personale della polizia caceraria che ci lavora dentro . Spero un giorno venga abolita l’ergastolo per dare la possibilità di assaporare la libertà anche alle persone che si possono recuperare nella società dopo una lunga detenzione di pena . Buon lunedì ^_^

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  2. claudio80to ha detto:

    E’ un argomento molto ostico di cui parlare. Complimenti per l’intraprendenza!! 😉 Effettivamente una seconda occasione (che sia davvero un’occasione concreta) va data a tutti!

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    • kikkakonekka ha detto:

      Il fatto è che un po’ mi spiace di non aver avuto il coraggio di andare a trovare il mio conoscente anni fa.
      Ma la scintilla per il ‘post’ riguarda i ‘Dolci di Giotto’, che trovo spesso disponibili alla mensa cui vado. Sono speciali, ottimi (anche se un po’ costosi, a dire il vero).

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  3. Marta Vitali ha detto:

    Un carcere a misura d’uomo per quali reati?
    No perché ci sono delinquenti che non possono essere definiti uomini, quindi la misura d’uomo non è applicabile. Certo, chi sono io per giudicare se un criminale è a misura d’uomo o no?
    Sono un po’ scettica quando leggo queste notizie. E’ vero, forse lasciare la persona “a marcire in cella” non è il percorso giusto per recuperarla… Insomma non so. Credo che per chiarirmi le idee dovrei assaggiare un dolcetto!

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    • kikkakonekka ha detto:

      I dolcetti sono ottimi, tu che hai l’arte pasticciera nel sangue apprezzeresti.
      I carceri sono di 2 tipi: ordinari e di massima sicurezza. Ovviamente in quelli di massima sicurezza, dove l’ora d’aria si limita ad un’ora al giorno (o magari neppure a quella) è impossibile insegnare mestieri.
      Ma per reati ‘comuni’ (furto innanzitutto) la rieducazione è il primo passo per il recupero della persona.

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  4. A giugno sono andata al carcere di opera ed è stata un’esperienza unica. Abbiamo passato una giornata assieme a dei detenuti ergastolani e boh… mi è piaciuto proprio il fatto che abbiamo potuto parlarci tranquillamente, nonostante ovviamente ci fossero le guardie penitenziarie attorno…
    Sicuramente il reinserimento deve prevedere quelle attività che fanno di una persona una persona, delle quali il lavoro è sicuramente una delle più importanti

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  5. Giusy Lorenzini ha detto:

    La rieducazione e l’insegnamento di un mestiere è una grande opportunità di reinserimento, poiché una chance nella vita bisogna sempre darla, ed in più, un detenuto che intraprende la via giusta non tornerà a delinquere. Sicuramente le condizioni in cui versano le carceri italiane, non sono un fulgido esempio…a parte questo caso di cui ci hai parlato. Ciao K e buona giornata, Giusy

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  6. indianalakota ha detto:

    Dipende dai reati: io un pedofilo, uno stupratore o un assassino lo metterei ai lavori forzati a vita con la palla al piede! Altro che dolcetti! Non comprerei mai niente confezionato da mani sporche dell’innocenza altrui

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  7. Dora Buonfino ha detto:

    La società in fondo è una famiglia e i detenuti sono alcuni dei figli. Si dovrebbe ragionare nel medesimo modo. Ma come ci sono genitori che rinchiudono i figli in una stanza buia invece di insegnare loro la bellezza e l’utilità del buon comportamento, così ci sono prigioni che rinchiudono uomini nell’attesa che la pena finisca… Un ottimo esempio quello del carcere di Padova, da copiare, specialmente se pensiamo che la produzione potrebbe coprire se non tutte almeno una parte delle spese della struttura…

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  8. Dora Buonfino ha detto:

    Hai fatto bene Andrea, è un esempio da seguire…

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  9. Emozioni ha detto:

    Sono d’accordo sul rieducare chi ha sviato dalla via giusta. Ho dei figli, e nella vita ho imparato a pensare:” Mai, dire mai”.
    E comunque ammiro chi affronta questo difficile compito.

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  10. vincenza63 ha detto:

    Ciao. Con questo post spalanchi una porta aperta! 😊
    Conosco attraverso letture e reportage la realtà di Padova. Non erano detenuti forse lì terroristi degli anni di piombo?

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